autoriciclaggio

Commette il delitto di autoriciclaggio chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. La ratio dell’autoriciclaggio, per come è configurata la norma, risulta di evitare inquinamenti dell’economia legale e, quindi, di sanzionare l’autore del delitto presupposto che autoricicli i proventi del delitto precedentemente commesso. Introdotto nel nostro ordinamento di recente (l. 186/2014), l’autoriciclaggio è un reato commesso da colui che impiega, sostituisce, trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, denaro, beni o altre utilità che provengono dalla commissione di un delitto non colposo, per poter ostacolare nel concreto l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Il Legislatore ha dunque configurato l’autoricilclaggio come un reato: plurioffensivo: la norma codifica un delitto che oltre al patrimonio tutela altri beni giuridici come l’amministrazione della giustizia, l’ordine pubblico, l’ordine economico-finanziario; proprio: il reato può essere commesso solamente dall’autore del reato presupposto o dal concorrente nel medesimo, contrariamente ai reati comuni che possono essere commessi da chiunque; la cui condotta deve essere idonea nel concreto ad ostacolare l’identificazione dell’origine delittuosa dei beni. Come sancito chiaramente dal dispositivo, la condotta consiste nell’impiego, nella sostituzione, nel trasferimento in attività economiche di denaro, beni o altra utilità di provenienza illecita, in modo da ostacolarne l’identificazione, da parte di chi abbia commesso lo stesso delitto presupposto o da parte del concorrente nello stesso. Non è invece punibile la condotta di colui che si limita alla mera utilizzazione o al mero godimento personale. Ci troviamo dunque dinanzi a una norma che vuole evitare e scoraggiare comportamenti incongrui nell’economia legale, sanzionando l’autore del delitto presupposto, che autoricicla i proventi del delitto che ha precedentemente commesso. Non sfugge infatti come spesso le risorse ottenute tramite il delitto presupposto sia investite in attività economiche lecite. Dunque, si realizza un vero e proprio inquinamento potenziale nell’economia legale. Costituisce elemento soggettivo del reato di autoriciclaggio il dolo generico. Il soggetto agente deve infatti avere la coscienza e la volontà di impiegare, di sostituire o di trasferire in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità che provengano dalla commissione di un delitto non colposo che è stato anteriormente commesso. Per quanto attiene invece l’elemento oggettivo, è necessario, ai fini della punibilità penale, che le attività poste in essere abbiano la caratteristica di essere idonee a ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni o delle altre utilità. Il riferimento all’avverbio concretamente non sembra essere casuale. Secondo orientamento giurisprudenziale largamente prevalente, infatti, il legislatore avrebbe utilizzato tale termine per poter delineare una condotta che sia dotata di evidente capacità dissimulatoria. Dunque, non sarebbe penalmente rilevante quella condotta che ha solo “rallentato” la procedura di identificazione della provenienza illecita dei beni. Quello di autoriciclaggio è evidentemente un reato a consumazione istantanea. Sebbene, in sostanza, si possa ammettere che le condotte che configurano il delitto siano realizzate in maniera multipla e in tempi diversi. Tuttavia, in questo caso, solo alcune di esse integreranno la fattispecie di cui parliamo all’odierno approfondimento. Peraltro, non sfugge come possa sorgere una diversa analisi a seconda del momento della consumazione del reato, se questo è realizzato con più condotte. Il reato è infatti in vigore nel nostro ordinamento solo dal 1 gennaio 2015. Dunque, se il primo atto di reimpiego delle somme avviene dopo questa data, e si è protratto nel tempo, la consumazione dovrebbe coincidere con la data dell’ultimo reimpiego dotato di capacità ostacolatoria della provenienza illecita. Risulta evidente e di particolare rilevanza rammentare come individuare con certezza il momento della consumazione del reato sia di interesse anche per poter calcolare la decorrenza della prescrizione. In tale ambito, sottolineiamo come secondo le norme generali dell’art. 157 c.p., cui si può ricorrere in questa ipotesi di delitto, il reato si estingue decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge.