provocazione

La circostanza attenuante della provocazione è prevista all’art. 62 n. 2 del codice penale e consiste nell’“aver agito in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui”. Innanzitutto, la circostanza attenuante in discorso è istituto ben diverso dalla provocazione, ossia la causa di giustificazione prevista dall’art. 599 comma 2 c.p. . In particolare, la norma appena richiamata prevede la non punibilità di chi ha compiuto alcuni fatti previsti dagli artt. 594 e 595 c.p. nello stato d’ira dovuto al fatto ingiusto altrui cui segue ingiuria o diffamazione. L’attenuante diventa una vera e propria causa di non punibilità in riferimento al reato di diffamazione (il reato di ingiuria è in ogni caso stato depenalizzato nel 2016: costituisce soltanto mero illecito civile). Per essere configurabile, la circostanza attenuante della provocazione necessita di tre elementi specifici ed essenziali:

– lo stato d’ira (elemento soggettivo) dovuto ad una situazione psicologica innescata da un impulso emotivo irrefrenabile. Tale impulso emotivo porta alla perdita di autocontrollo causando un forte turbamento caratterizzato da aggressività. Lo stato d’ira va mantenuto distinto da altre condizioni psicologiche quali paura, agitazione, disperazione, risentimento, vendetta; la giurisprudenza più recente ritiene che lo stato d’ira sia “costituito da un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il “fatto ingiusto altrui” (Cass. 05 ottobre 2022, n. 37699);

– il fatto ingiusto altrui (elemento oggettivo). Per risultare ‘ingiusto’ deve trattarsi di un comportamento antigiuridico, ma può riferirsi anche all’inosservanza di norme sociali o di costume che regolano la convivenza civile ordinaria. Possono, quindi, rientrare nel fatto ingiusto altrui condotte sprezzanti, manifestazione di iattanza, comportamenti inappropriati o sconvenienti. Il fatto ingiusto altrui consiste in ogni comportamento oppressivo o persecutorio che si concretizza nell’offesa ad un valore, un’aspettativa, un’opinione o un comportamento ritenuti degni di considerazione in una società civile e pacifica. Non deve trattarsi, quindi, di un fatto necessariamente illecito. Anche esercitare un diritto in modo tale da sfociare nell’abuso può essere considerato un fatto ingiusto. La giurisprudenza più recente ritiene che il fatto ingiusto altrui “deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale” (Cass. 05 ottobre 2022, n. 37699);

– il nesso di causalità psicologica tra l’offesa e la reazione, non dev’essere di mera occasionalità, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta (Cass. 05 ottobre 2022, n. 37699).

Il fatto ingiusto può essere diretto anche verso un soggetto differente dal provocato se è tale da innescare uno stato d’ira in colui che assiste alla scena. Allo stesso modo, la reazione al fatto ingiusto può anche essere diretta verso un soggetto differente dal provocatore purché esista tra loro un legame apprezzabile (vincolo di parentela, amicizia, solidarietà tra autore del reato e provocato). Risulta sufficiente che il fatto ingiusto sia attribuibile psichicamente al suo autore, mentre è irrilevante se il fatto sia compiuto con dolo o colpa. Lo stato d’ira e l’altrui fatto ingiusto non devono essere necessariamente legati da un rapporto di immediatezza o da breve intervallo temporale. Il tempo intercorso tra fatto ingiusto e reazione deve essere interpretato con elasticità, non è necessaria una reazione istantanea. La reazione dell’agente può avvenire anche dopo un intervallo di tempo prolungato a condizione che non spezzi la relazione con il comportamento ingiusto del provocatore. La giurisprudenza riconosce l’attenuante in caso di provocazione ‘per accumulo‘ a patto che sia dimostrata l’esistenza del permanere di uno stato d’ira che giustifichi l’esplosione in un ultimo episodio.

La giurisprudenza ha ritenuto che la circostanza attenuante della provocazione sia incompatibile con:

– il reato di rissa, quando la provocazione è reciproca (Cass. 10242/1995);

– la legittima difesa che spinge un soggetto a commettere un fatto per necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta. L’attenuante della provocazione è incompatibile con la scriminante della legittima difesa in quanto il soggetto che accetta o porta una sfida oppure si pone volontariamente in una situazione di pericolo che lascia prevedere la necessità di difendersi dall’aggressione altrui, non può invocarla (Cass. Sez. I n. 10406/2005).

La circostanza attenuante non è applicabile in caso di reato unito ad un altro reato: la reiterazione annulla l’effetto iniziale della provocazione. Allo stesso modo, è incompatibile con un reato a condotta abituale caratterizzato da comportamenti antigiuridici che si ripetono nel tempo.

È importante comprendere che il fatto ingiusto altrui è strettamente collegato all’ingiustizia obiettiva: deve, quindi, risultare contrario a regole giuridiche, morali e sociali nell’ambito della collettività in un determinato momento storico. Non può considerarsi ingiusto il fatto contrario alle convinzioni soggettive o alla sensibilità personale dell’imputato (Sez. 1, 4780/2014). Nel corso degli anni, diverse sentenze hanno chiarito una volta di più il carattere oggettivo del fatto ingiusto altrui (tra cui Cass. sez. V Penale, sentenza n.1946/19, Cass. Sez. V, sentenza n. 55741 del 25/09/2017, Rv. 272044).

Non è richiesta una proporzione tra il fatto ingiusto e la reazione, ma la giurisprudenza esclude l’attenuante quando la sproporzione tra fatto ingiusto altrui e reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere il nesso causale o lo stato d’ira. In caso di eccessiva sproporzione, si considera che lo stato d’animo del reo covi sentimenti e stati psicologici diversi dall’ira (Cassazione Sez. V n. 24693/2004). Con la sentenza n. 15529 del 20/03/2018, la Corte di Cassazione – Sez. I penale, ha stabilito quanto segue. La proporzione tra fatto ingiusto altrui (oggettivo) e reazione può non contemplare l’attenuante della provocazione nel caso in cui la reazione sia talmente eccessiva da escludere la sussistenza del nesso causale tra fatto provocatorio e reazione (Sez. 5, 604/2014, Sez. 1, 28292/2017, Sez. 5, 57055/2018). Non integra di per sé il fatto ingiusto altrui il comportamento di un genitore che interferisce nelle scelte sentimentali della figlia maggiorenne convivente, perché i doveri genitoriali possono persistere rispetto ai comportamenti da parte dei figli maggiorenni conviventi su cui il genitore ritenga di intervenire (Sez. 1, 16595/2017). Il rifiuto di continuare una relazione sentimentale è l’espressione del diritto alla libertà sessuale. Pertanto, non integra un fatto ingiusto che giustifichi, nel reato di violenza sessuale, il riconoscimento dell’attenuante della provocazione (Cass. Sez III n. 2702/2011). Non integra un fatto ingiusto neanche il corteggiamento della moglie dell’autore del reato (Cass. Sez. V n. 55741/2017) o l’aver intrapreso una relazione sentimentale (Cass. Sez. V n. 2725/2020). Il tradimento non integra l’attenuante della provocazione, non giustifica una mitigazione sanzionatoria rispetto alla reazione marcatamente eteroaggressiva dell’imputata (condannata per il reato di stalking), considerando che, nel caso di specie, la persona offesa era estranea al rapporto di coniugio e che il suo coinvolgimento relazionale col marito dell’imputata non poteva costituire fatto ingiusto a livello penalistico (Cass. V sez. sentenza n. 2725/2020). Di recente, la Corte di Cassazione Penale, con sentenza n. 7221 del 24 febbraio 2021, ha stabilito che non è configurabile la circostanza attenuante della provocazione se la condotta criminosa viene messa in atto come reazione ad un fatto ingiusto altrui compiuto nei confronti di un terzo soggetto non legato all’agente da rapporti personali tali da dover intervenire in difesa di questa. Nel caso di specie, la Corte ha escluso l’attenuante per l’aggressione in danno di un coinquilino degli imputati accondiscendente.