24 Feb reati tributari
La dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ex art. 2 D.lgs. 74/2000 punisce chi utilizza fatture o altri documenti probatori per dichiarare passività inesistenti all’interno della dichiarazione IVA o nella dichiarazione dei redditi al fine di ridurre fraudolentemente l’imponibile oggetto del prelievo fiscale. Per la sussistenza del reato de quo non è previsto il superamento di una soglia, in quanto il reato si configura indipendentemente dall’imposta evasa. La pena è della reclusione da quattro a otto anni, da un anno e sei mesi a sei anni se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila.
L’art. 3 D.lgs. 74/2000, che disciplina la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, punisce la condotta di chi, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi. Per essere punita penalmente necessita della ricorrenza di due presupposti congiunti: l’imposta evasa deve essere superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trenta mila; l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, deve essere superiore al 5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, deve essere superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta, deve essere superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro trentamila. La pena prevista è la reclusione da tre a otto anni.
L’art. 4 D.lgs. 74/2000 punisce invece la dichiarazione infedele, che si realizza allorquando si indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti. La pena è della reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi. Anche in questo caso devono ricorrere due presupposti congiunti: l’imposta evasa deve essere superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila; l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, deve essere superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, deve essere superiore a euro due milioni.
L’art. 5 D.lgs. 74/2000 punisce l’omessa dichiarazione, che si verifica quando al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto l’evasore non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni per le quali è obbligato. In questo caso la reclusione va da due a cinque anni. Ricorre tale fattispecie delittuosa quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro cinquantamila. Inoltre, ricorre altresì la fattispecie delittuosa allorquando l’evasore non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.
L’Art. 10 bis D.lgs. 74/2000 punisce l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate, e precisamente chi non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta. In questo caso la reclusione va da sei mesi a due anni.
L’Art. 10 ter D.lgs. 74/2000 punisce l’omesso versamento di Iva, ovverosia la condotta di colui che non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta. In questo caso la pena prevista è la reclusione da sei mesi a due anni.
L’art. 8 D.lgs. 74/2000 disciplina l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Tale reato si concretizza ogni volta che vengono emesse fatture o ricevute per operazioni inesistenti, a prescindere dall’utilizzo di documenti falsi da parte di chi riceve l’importo. Per la sussistenza del reato de quo non è previsto il superamento di una soglia, in quanto il reato si configura indipendentemente dall’imposta evasa. La pena per il suddetto reato va da quattro a otto anni, da un anno e sei mesi a sei anni se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro centomila.
Infine l’art. 10 D.lgs. 74/2000 disciplina l’occultamento o distruzione di documenti contabili. Quest’ultima fattispecie si configura quando il contribuente occulta o distrugge documenti la cui tenuta è obbligatoria al fine di nascondere il reale volume d’affari o l’ammontare dei redditi. La pena prevista per il suddetto reato è la reclusione da tre a sette anni.