12 Ott truffa
Il reato di truffa è posto a tutela del patrimonio e della libera formazione del consenso in seno al soggetto passivo. Più nello specifico, la punibilità non deriva solamente dalla lesione alla sfera patrimoniale del singolo, già tutelato dalla disciplina in materia di contratti, bensì anche dell’interesse pubblicistico a che non sia leso il dovere di lealtà e correttezza e la libertà di scelta dei contraenti. Tuttavia, non bastando la mera violazione di un tale dovere, per la consumazione del reato è richiesta anche una effettiva lesione del patrimonio altrui, conseguendo un ingiusto profitto. L’ipotesi di reato in questione rappresenta un reato in contratto, caratterizzato dal comportamento illecito manifestato nel corso della formazione dell’accordo. Data la precisa formulazione letterale, trattasi inoltre di reato a forma vincolata. Viene infatti punito chi, ricorrendo ad artifizi o raggiri, induce taluno in errore, determinando uno spostamento patrimoniale in favore del colpevole. Per artifizio va intesa la simulazione o la dissimulazione della realtà, in modo da indurre in errore il soggetto passivo. Per raggiro deve invece intendersi ogni macchinazione atta a far scambiare il falso con il vero. Nonostante l’accennata naturale necessariamente causale del reato, la giurisprudenza ha gradualmente finito per svalutare il ruolo della condotta enucleata, al fine di ricomprendervi anche il mendacio o il silenzio, quando, per le modalità concrete, appaiano idonei ad ingannare. Anche il silenzio maliziosamente serbato da parte di chi abbia il dovere di informare l’altro contraente su determinate caratteristiche dell’affare può dunque integrare il reato di truffa. Gli artifizi o i raggiri devono essere idonei ad indurre in errore la vittima. L’errore può ricadere indifferentemente sui motivi, su uno dei vari elementi elencati dall’articolo 1429 c.c. O su qualsiasi aspetto della realtà fattuale che abbia determinato la volontà contrattuale del soggetto passivo. L’atto di disposizione patrimoniale è un elemento costitutivo del reato, motivo per il quale si nega la sussistenza del delitto qualora il raggirato non abbia in concreto i poteri rappresentativi per incidere sulla sfera patrimoniale del rappresentante. La giurisprudenza prevalente ritiene inoltre che la truffa si configuri anche laddove il dolo incida solamente sulla fase esecutiva del negozio, di modo che gli artifici o i raggiri siano in grado di produrre l’ingiusto profitto ed il contestuale danno. Per danno si intende una effettiva perdita patrimoniale nei termini di lucro cessante e di danno emergente, mentre per profitto si intende anche un vantaggio di natura non patrimoniale, come nel caso di mera soddisfazione psicologica derivante da un desiderio di rivalsa o di vendetta personale. Per quanto concerne l’elemento soggettivo, la truffa è punibile a titolo di dolo generico, con conseguente irrilevanza degli scopi perseguiti. Il secondo comma disciplina varie ipotesi di circostanze aggravanti specifiche, giustificate dalla particolare qualifica del soggetto passivo o dalle particolari modalità della condotta.